(52) I Tagliabue sono una stirpe milanese di antica
data, che poi si suddivise in non pochi rami o famiglie. La forma volgare
antica del cognome era Taiabò, italianizzata poi in Tagliabò
o Tagliabue: la latina era Taiabos o de Tagliabobus. Ebbero i Tagliabue
il loro cognome da un soprannome preso probabilmente dal mestiere esercitato
in origine dal capostipite. Dei Tagliabue ho trovato memoria di persone
distinte fin dal secolo XIV. Un Guglielmo "de Tagliabobus"
è nel 1335 fra i novecento del Gran Consiglio della città
di Milano, e similmente vi troviamo un Mirano nel 1338 e un Vittore
nel 1399. Un Antonio "de Tagliabobus " di Montorfano, giureconsulto
collegiato e deputato della Fabbrica del Duomo, nel 1401 risulta dei
XII di provvisione; e un altro Francesco "de Tagliabobus"
nel 1409 è pure giureconsulto collegiato e deputato della Fabbrica
del Duomo, ecc.
Un ramo dei Tagliabue, che poi si propagò anche nei paesi vicini, pare sia venuto a stabilirsi in Carate fin dal secolo XIV, e vi fabbricò un molino sul Lambro cui diede il proprio nome che porta ancor oggi. Dei Tagliabue di Carate non pochi furono causidici collegiati, e fra questi Giovanni che fu padre di Carlo Lucido Tagliabue. Cessarono i Tagliabue dal far valere la propria nobiltà colla morte di Carlo Lucido, forse per avere costui lasciato erede della pingue sostanza (possedeva in Milano, Carate e altrove) la sorella Giuseppa maritata De Carli. Col passare dei suoi beni in altre mani, i nipoti Tagliabue più non poterono sostenere l'antico lustro nobiliare, e perciò più non si curarono di rivendicare la propria nobiltà: lo fece invece nel 1815 e nel 1840 il ramo dei Tagliabue stabilitosi a Mantova. Lo stemma, o arma gentilizia, dei Tagliabue era di rosso ad un bue passante di azzurro, ma vuolsi che in origine fosse uno stemma parlante, portando sopra e in parte penetrante nel bue un'accetta o coltellaccio. Attualmente l'arma dei Tagliabue di Milano è di rosso ad un bue passante di azzurro, accompagnato in capo da un'aquila di nero coronata d'oro. |