(37) Giussano, da cui trasse origine la nobile casata dei Giussani (de Gluxiano), è oggi divenuto un grosso comune fortemente industrializzato, situato all'estremità della provincia di Milano con quella di Como allo sbocco collinare del Pian d'Erba e della montuosa Vallassina nella pianura lombarda. Nel 1870 ebbe aggregate le due grosse frazioni di Paina con Brugazzo e di Robbiano già comuni a sé. Il luogo fu abitato fino all'epoca romana, come ne fanno testimonianza i mosaici romani reperti a Robbiano.
Nei lontani secoli medioevali vi pose dimora una famiglia di stirpe longobarda; famiglia che nel secolo IX la si dice ricca e distinta, imparentata coi Confalonieri e coi Casati, e avente di poi un uguale stemma gentilizio. Successivamente, stando al Rossi, come tant'altre famiglie signorili foresi, prese a fare residenza anche in Milano in un proprio turrito palazzo nel rione di Porta Nuova, parrocchia di S. Bartolomeo, emergendo col passare degli anni con ragguardevoli cittadini. Alcuni abbracciarono l'eresia dei Catari, i quali tenevano adunanze nel castello di Gatedo presso Carugo, e cooperarono con Stefano Confalonieri a tramare l'uccisione di S. Pietro Martire avvenuta nel 1252 presso Barlassina. Lungo i secoli i da Giussano vennero dividendosi e suddividendosi in più rami sia in Milano che altrove: alcuni per censo e cariche si mantennero in nobiltà, altri finirono nell'oscurità. Tra i rami secondari si distinse quello degli Squarcia-Giussani (de Squarciis de Gluxiano), ossia stralciato, che scelse Lurago e dintorni per sua residenza. Vi appartennero un Claudio feudatario camerale di Mondonico e di altri villaggi col titolo di conte (1655), e un Fabio similmente feudatario di Casirago, Cremella, Viganò, ecc. col titolo di marchese (1655). Il ramo principale che vantava la sua discendenza in linea retta dall'originario stipite, si sarebbe, a quanto pare, sempre mantenuto unito al luogo d'origine, alternando la sua dimora in Giussano ed in Milano dove la casa avita rimase, al dire del Rossi, sempre la stessa. Il protofisico generale dello Stato di Milano, Gio: Battista Giussani morto nel 1665, fece costruire vicino al casone, atterrando probabilmente qualche altra vecchia costruzione eretta dai Giussani, una grandiosa villa con maestoso scalone, oggi tutta sciupata e adibita ad altri usi, arieggiante lo stile del famoso architetto Tibaldi, detto il Pellegrini, con ampio giardino all'italiana di circa duecento pertiche milanesi, chiamato volgarmente il vignone, irrigato con acqua perenne proveniente da un soprastante laghetto detto foppa di Mozanega o laghetto di Giussano: vignone oggi scomparso, divorato dall'odierna edilizia. Con la morte di Gio: Pietro Giussani senza discendenti maschi, il 1741 segnò la fine dell'originaria famiglia. Il casone, la villa, e gli annessi possedimenti, passarono per diritti di eredità nel marchese Guido Magenta, il quale fece dipingere su la facciata del casone, prospettante la strada comunale, il suo stemma gentilizio inquadrato con quello dei Giussani. Dai Magenta i sopradetti beni passarono poi in altre mani per finire lottizzati e venduti a privati. Carte medioevali ricordano l'esistenza di un castello (castrum de Gluxiano). Stando al Fiamma sarebbe stato distrutto nel 1222 dall'esercito del partito popolare milanese in lotta contro i nobili: « Nam per populum Mediolanensem Carugum, Gluxianum, Pirovanum, Barzonorem, Veranum, Merganum (Marlianum) destruitur »(Manipulus Florum in Muratori, R.I.S., to. XI, 668). Comunque sia, lo si volle ravvisare nel così detto casone ancora oggi esistente, benché tutto rimaneggiato, con finestre gotiche a sesto acuto. È una costruzione solida, rettangolare a due piani con soffitto. Quando, da chi, e a quale scopo precisamente eretto non si conosce. Il Rossi scrive che « dev'essere stato il baluardo dei Giussanesi, la sede dei consigli, il palazzo di giustizia, la residenza della famiglia più influente » (op. cit., p. 14). Che possa essere stato usato per tutte queste mansioni c’è da dubitare, se in origine non aveva di abitabile, a quanto pare, che il secondo piano, poiché quello inferiore era a portico tutto aperto con colonne di pietra, alcuna delle quali rimaste in posto, le quali sostenevano il piano soprastante. Al di sopra del secondo piano stava una soffitta con forti sostegni che sorreggevano una specie di terrazza contornata, sempre al dire del Rossi, di merlature , feritoie, vedette, e fiancheggiato da una emergente torre angolare. Si tratterebbe, nel suo complesso, di un turrito palazzotto che verrebbe a rassomigliare, in certo modo, all'Arengario, o antico palazzo comunale di Monza, eretto nel 1283. Ma non è il caso di insistere nei particolari, poiché siamo sempre nel campo delle congetture. Del casone e delle sue antiche vicende ben poco di certo, per non dir nulla, ci fu tramandato. La chiesa dedicata a S. Filippo e Giacomo, il casone, e probabilmente qualche altra vicina antica costruzione, formavano l'antico centro di Giussano. All'intorno si raggruppavano le non molte case del paese; dico non molte, perché se da un censimento del 1576 si ha una popolazione di 850 abitanti suddivisa in 130 fuochi o famiglie, ben minore doveva essere nei precedenti lontani secoli. Ad ogni modo, se il medioevale casone, e la successiva secentesca sontuosa villa Giussani fossero stati conservati com'erano in origine, sarebbero rimasti degli interessanti esemplari di architettura lombarda che avrebbero fatto onore a Giussano. |