home

Opera omnia

RECENSIONI

Castiglioni 1913

Anfosso 1913

Manaresi 1915

Codazzi 1915

Putelli 1915

Antona Traversi 1919

Adami 1919

Modorati 1924

Masnovo 1926

Adami 1926

Zimolo 1926
[Recensione apparsa sulla rivista Archivio Storico Lombardo, a. XLIII (1916/3) pp. 623-625]

Dott. don ROMOLO PUTELLI, Intorno al castello di Breno. Storia di Valcamonica, Lago d'Iseo e vicinanze, da Federico Barbarossa a S. Carlo Borromeo. Studio critico, su 1400 nuove fonti documentate, indicato dalla R. Accademia dei Lincei pel concorso al Premio Reale. Breno, Associazione"Pro Valle Camonica" , editrice, 1915, in-16, pp. XIV-624 col] 34 illustrazioni in tavole fuori testo.

La storia, divisa in capitoli, tratta degli avvenimenti che si svolsero in Valcamonica da Federico Barbarossa a S. Carlo Borromeo. Particolarmente interessanti per gli studiosi di cose milanesi sono le citazioni intercorse tra Milano e la valle durante il periodo della dominazione viscontea. L'A., è vero, non poté raccogliere grandi messe di documenti in riguardo, perché in massima parte periti nel noto vandalico incendio dell’archivio visconteo avvenuto subito dopo la morte del duca Filippo Maria (1447) (1). Tuttavia quel tanto di nuovo che ci fa conoscere è già molto.

I Visconti iniziarono il loro dominio in Valcamonica nel 1337, come ritiene l'A. nel quale anno il Consiglio della valle mandava ambasciatori ad Azzone Visconti, buono e saggio principe, ad offrirgli la loro sudditanza. Azzone li accolse bene, e, a quanto pare, confermò i loro antichi statuti e privilegi. I successori ci tennero a favorire l'autonomia dei Camuni dalle invadenti vicine città di Bergamo e di Brescia per averli affezionati: in Breno, capoluogo della valle, risiedeva il podestà e il vicario. La dominazione viscontea in valle fu tormentata dalle lotte fra i guelfi e i ghibellini, insofferenti i primi per partito e per i favoritismi ducali verso l'aristocrazia ghibellina nella quale primeggiavano i Federici, e durò fino al 1427, interrotta dalla preponderanza del riminese Pandolfo Malatesta dal 1414 al 1419. Subentrò quindi la Signoria Veneta, la quale, dopo brevi e contrastati periodi di possesso tentati da Filippo Maria e Francesco Sforza, colla pace del 9 aprile 1544 ne rimase definitivamente padrona. Tra i podestà e i vicari trovo ricordati: nel 1348 il podestà nobile Pietro "de Ambria", coi vicario Pietro "de Casalmorano", cremonese; nel 1362 il vicario Martino"de Magatellis" di Monza; nel 1372 il podestà nobile Filippo "de Panexio" di Milano col vicario Giacomo "Clarastinus" di Soncino; nel 1379 il podestà nobile Lanzarotto col vicario Pomino "de Podio" di Rogno; nel 1382 il podestà nobile Corradino "de Ruschonibus" di Como col vicario Giovanni "de Bonioanis" di Modena; nel 1386 il podestà nobile Salucino "de Becaria" e vicario "Taurus de Mediis barbis" di Pavia; nel 1393 il Podestà Franchino Crivelli; nel 1396 il podestà nobile Nicolino "de Bonicellis" di Novara e vicario Bartolomeo "de Hosmeris (?)" di Tortona; nel 1397 il podestà Giacomo Malaspina; nel 1403-04 il podestà Cressone Crivelli; nel 1405 il podestà Amedeo Soardi; ecc.

L'A. nella prefazione scrive che per dare un volume presentabile dovette "omettere alcuni capitoli aventi, vita sequela, aspetto particolare ed autonomo", e cioè riguardanti il commercio, l'industria, il diritto, ecc.; capitoli già pronti e che verrà man mano pubblicando. E la ragione che dà, appoggiandosi all'Odorici, non è certo disprezzabile. Ma non sarebbe stato miglior divisamento compenetrarli opportunamente nella narrazione degli avvenimenti lungo i secoli, poiché è precisamente dalle condizioni sociali ed economiche che i fatti narrati traggono per lo più la loro causa e ragion d'essere, o, in altre parole, vengono posti nella loro piena luce? Il quadro storico, a nostro modo di vedere, sarebbe riuscito in tal modo più armonicamente completo. Il lavoro si sarebbe così potuto pubblicare diviso in parecchi volumi più maneggevoli, corredandoli infine di un indice delle persone, dei luoghi e delle cose più notevoli.

E questo diciamo non per intaccare il valore dell'opera compiuta, veramente degna di lode, giacché rare volte ci fu dato di leggere storie locali come questa, così ben condotte non solo per la tecnica delle ricerche, l’interpretazione e descrizione dei fatti accertati, ma ancora per aver saputo scansare il difetto tanto comune, in simili lavori, di perdersi a narrare anche gli eventi notissimi di storia generale quando si è a corto di notizie particolari. Elogio migliore doveva avere dalla R. Accademia dei Lincei nell'adunanza solenne del 7 luglio 1914, nella quale si dice che l'autore "distende una storia che può essere citata conte esempio per altre di questo genere. Egli esalta con molta diligenza e con metodo storico perfetto i documenti custoditi negli archivi locali e in quelli di Brescia e soprattutto quelli dei grandi archivi di Milano e di Venezia".

Al giovane e già valente erudito l'augurio di condurre a termine, con tal serietà d'intenti e di metodo, la storia della Valcamonica, la quale riuscirà un contributo prezioso alla storia generale dell' Alta Italia.

RINALDO BERETTA.