L'attentato di fra Gerolamo Donato detto il Farina

Giovan Battista Della Rovere detto Il Fiammenghino

"Telero" del Duomo di Milano



Sulla ribellione di molti monasteri, scrive il cardinale Federigo Borromeo che san Carlo « trovò i frati tanto renitenti ai suoi ordini che fu forzato a dar loro molte mortificazioni; di qui nacque in essi abborrimento notabile verso di lui ».
Un « abborrimento » che spinse alcuni ex prevosti degli Umiliati a pagare fra Gerolamo Donato, detto il Farina, perché uccidesse l'arcivescovo.

Questo agghiacciante episodio è narrato nella Continuazione della Storia dì Milano del conte Pietro Verri, del De Magri, il quale riporta testualmente un antico testo del Tiraboschi, in Vetera Humiliatorum monumenta: « Il Farina, aiutato dal tempo oscuro e tenebroso, si condusse nel palazzo dell'illustrissimo cardinale Borromeo, salendo le scale prive di lume, et per l'oscurità non visto da alcuno camminò alla porta della cappella, nella quale a circa un'ora di notte stava con la casa l'illustrissimo cardinale in orazione, cantandosi in musica alcuni mottetti che cominciavano "Nolite timere". Et arrivandosi ad alcune parole che dicevano "Non turbetur cor vestrum", fra Geronimo Farina, avendo preso tra il legno e l'apertura della porta la mira nella schiena del cardinale... gli sparò l'archibugetto pieno di una palla e molti pernigoni [pallettoni], che come a Dio piacque niente l'offese... onde miracolosamente ne scampò. Et ciò fatto, l'illustrissimo cardinale... non volle che alcuno si movesse, ma che si dovesse finire l'orazione. Nel cui tempo il Farina... aiutato dall'oscurità, ... et con una maschera nel volto per non esser conosciuto per le dette scale, trovando nel fondo un servitore che teneva un cavallo, a lui dando un urtone ne fuggì per la porta per contro il Duomo ».