Il prof. Salvatore Jemolo

Sono arrivato a presiedere la Scuola Media "Alberto da Giussano" nell'anno scolastico '78-'79 e il prof. Jemolo era già una "istituzione", uno di quegli insegnanti che si radicano in un ambiente e lo caratterizzano al punto che non è possibile immaginarli al di fuori di esso. Ma per me, che venivo da altre esperienze, questa era solo un'impressione tutta da verificare.

Gli anni '80 mi hanno permesso di approfondire la conoscenza dell'insegnante e anche dell'artista, che era appunto Jemolo; ma vorrei dire, più sinteticamente e in maniera più pregnante, dell'uomo. Infatti, accostata la pittura di Jemolo anche grazie ad una personale allestita nel palazzo comunale, mi resi ben conto che tra l'artista e l'insegnante correvano tratti profondi e comuni: la pittura di Jemolo, lontana da ogni sperimentalismo, suggeriva idee di rigore, di equilibrio, e, nei suoi valori plastici e nella sua "solarità" tutta mediterranea, di amore alla vita, di fiducia nella vita.

E nella scuola Jemolo era proprio questo. In quegli anni la scuola media sperimentava nuovi programmi, decretati nel '79 e tuttora in vigore; in una fase come quella era anche facile pensare che tutto fosse consentito, tutto sperimentabile, all'insegna magari della più grossolana improvvisazione. Jemolo rifuggiva da tutto questo e nella fedeltà alla tradizione, ai valori veri che in ogni tradizione sempre vivono, trovava lo stimolo per andare avanti, per accogliere tutto il positivo che un'innovazione ben meditata veniva a proporre ad ulteriore dimostrazione del fatto che non c'era vera novità, novità che resista e cresca, senza radici nel passato.

Così Jemolo sapeva valorizzare al massimo quelle che, magari con disprezzo, certamente con sottovalutazione, si chiamavano "gite scolastiche" e, se la meta era Firenze, erano i colleghi stessi che sollecitavano la sua presenza; e lo stesso dicasi per il rigore e la passione con cui il professore guidava i suoi alunni ad impadronirsi delle varie tecniche dell'espressione artistica.

Questi alunni ormai sono uomini fatti; di qualcuno si sa che è rimasto legato al mondo dell'arte, e della pittura in particolare; per tanti altri si spera che abbiano imparato a vivere e coltivare l'emozione estetica, senza della quale l'uomo è un po' meno uomo.

Ballabio Ettore
già Preside della Scuola Media
"Alberto da Giussano"

Intervento in ricordo del Professor Jemolo - Villa Sartirana, 16 aprile 2010

Nella presentazione della mostra che Carugo dedicava a Jemolo, poco dopo la sua morte, veniva richiamata l'attenzione su di un fatto: l'ampia gamma di tecniche e di materiali che Jemolo sapeva utilizzare nel suo lavoro artistico.

Questo elemento mi permette già di avviare il discorso sull'insegnante di educazione artistica. Nell'insegnante infatti colpiva subito la facilità con cui passava a proporre da una tecnica all'altra. Ma dietro quella facilità si avvertiva il rigore di una lunga preparazione, la padronanza della materia, la passione dell'insegnare come aiuto alla conquista di sempre nuove mete, senza ristagnare nella stanca ripetizione di un rito, quando almeno è quello, se non qualcosa di meno ancora. In questo modo però Jemolo dimostrava anche di avere piena consapevolezza di quella che dovrebbe essere la finalità prevalente della scuola dell'obbligo, cioè la finalità orientativa. Dopo l'obbligo è diverso: se non è più obbligo (e lasciamo pure aperto il discorso su quanto deve durare l'obbligo e soprattutto sulle condizioni che devono essere garantite perché tutti possano fare concretamente qualsiasi tipo di scelta intendano fare) evidentemente acquistano sempre più peso le finalità di formazione specifica. Ma nella scuola dell'obbligo finalità formativa vuol dire non disperdere nulla, tenere conto di tutto, cercare di scoprire ogni pur minimo interesse, valorizzare qualsiasi capacità, e su quello cercare di costruire, di integrare, in una parola di formare, nella convinzione che ogni persona non può essere considerata né tanto meno ridotta a nullità.

In questo quadro mi piace collocare la figura di Jemolo insegnante: in tutti gli scrutini che ho presieduto mi accorgevo che Jemolo riusciva a far pesare molto tutto quello che di positivo lui aveva colto nell'alunno in questione, mentre, d'altra parte, se non aveva riscontri positivi, era attentissimo a cogliere e valorizzare quello che di positivo veniva evidenziato dai colleghi. Qui c'è il presupposto per il lavoro collegiale e per la realizzazione di una scuola veramente orientativa. Ma, su questa linea, c'è qualcosa di più profondo su cui riflettere. L'emozione estetica, prodotta dall'arte o dalla musica o dalla poesia, risveglia la nostra umanità integrale, quindi ha la forza di suscitare curiosità, di portare alla luce interessi latenti, di stimolare capacità insospettate. In una recente trasmissione televisiva sentivo Claudio Abbado citare ammirato un progetto, che lui vorrebbe realizzare anche in Italia, in atto in Venezuela, dove ben 400.000 ragazzi, spesso tolti dalla strada, sono impegnati in attività musicale strumentistica (cioè suonano, suonano vari strumenti).

Jemolo certamente sapeva che cosa può fare l'arte e questo spiega il suo amore per l'insegnamento e la scelta operata in tale direzione, dopo esperienze non secondarie di lavoro artistico professionale. Sotto questo aspetto mi ha colpito quanto ha detto la moglie in una intervista riportata nell'ultimo numero del periodico informatore del Comune, che cioè per lui l'insegnamento "contribuiva ad un arricchimento reciproco". Mi ha colpito perché mi ha fatto ricordare un piccolo episodio capitato a me. Già studente universitario ero andato con alcuni compagni a trovare un mio ex-insegnante del ginnasio, un grande umanista, un latinista di valore, che nella mia formazione letteraria ed umana ha svolto un ruolo decisivo. Arrivati a casa sua, ci accolse così: "Non vi posso trattenere molto, perché devo preparare una lezione; io faccio così: ogni anno approfondisco lo studio di un autore o di un periodo, perché in questo modo crescono loro (gli studenti) ma cresciamo anche noi (gli insegnanti)." Ecco: se crescono loro e cresciamo pure noi, anche l'insegnamento, come l'arte, può essere la passione di una vita.

Ma vorrei terminare con un altro piccolo episodio che riguarda direttamente Jemolo. Un giorno c'era un'assemblea con i genitori di una sua classe; io ero nei corridoi e, senza un intendimento preciso, mi affacciai alla porta dell'aula; Jemolo stava parlando, ma immediatamente si bloccò, rimase un attimo come sorpreso e poi riuscì a dire : "Il preside mi fa soggezione".

E' un piccolo episodio, ma per me fu l'epifania di un uomo, col suo candore nativo, e anche di un artista; infatti oggi mi vien da pensare a Pascoli, alla sua poetica del fanciullino che c'è dentro ognuno di noi; certamente senza spingere più in là di tanto l'accostamento, perché Pascoli poi con il suo misticismo irrazionalistico è all'origine del Decadentismo italiano, mentre Jemolo per tutta una serie di motivi (la sua origine, la sua attività di illustratore di poemi classici, la sua pittura così plastica e solare) richiama soprattutto i classici.

Ballabio Ettore
già Preside della Scuola Media
"Alberto da Giussano"