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San Salvatore a Barzanò
IL CASTELLO E LA CHIESA BATTESIMALE
DI SAN SALVATORE A BARZANO'

Barzanò è tra i più distinti paesi della collinosa Brianza. Sorge in zona residenziale e in posizione amena, a mezza strada tra Monza e Lecco, in provincia di Como.
Conserva antichi avanzi del suo passato, e fra questi un torrione del medioevale castello, e la chiesa di S. Salvatore, un tempo canonica collegiata con fonte battesimale.
Allorquando ci fermiamo ad osservare l'imponente torrione, o entriamo nella vetusta interessante chiesa, viene spontanea la domanda del quando e da chi eretti.
A questa domanda cercarono di rispondere studiosi nostri e stranieri. Se non che, data la mancanza di documenti, si è ricorso a delle ipotesi, le quali naturalmente non sono che personali pensamenti più o meno attendibili (*).

(*) :

1)MANTOVANI, Notizie storiche sulla chiesa di S.Salvatore e sull'antico castello di Barzanò, Milano, 1868.
2)BARELLI, Notizie archeologiche riferibili a Como e alla sua Provincia, in "R.A.C", Como, 1876, fasc. 7-8, pag.29.
3)A. KINGELEY PORTER, Lombard Architecture, London, 1916, vol.II, pag. 94 e s.
4) BEDONI, Cenni storici di Barzanò antica e contemporanea, Barzanò, 1938.
5) REGGIORI, Il battistero di S. Salvatore a Barzanò, in " Palladio", Roma, 1941, anno V, numero IV.
6) CAPPELLINI, Barzanò. Notizie storiche, Barzanò, 1959.

* * *

Riassumendo in breve quanto si è scritto intorno ai sopraddetti edifici, e specialmente a S. Salvatore, ci troviamo di fronte a tre ipotesi.
La prima è di coloro che propendono a far risalire castello, chiesa e battistero al periodo longobardo.
Il Mantovani infatti ci narra, documentandolo da un anonimo cronista, ma senza dirci di quale secolo e nemmeno dove l'abbia trovato, che un Rothfurt, scudiero del re Astolfo, penultimo re longobardo, avendo salvato la vita al re nella battaglia alla Chiusa delle Alpi contro il re franco Pipino nel 754 fu insignito del titolo di conte, ed ebbe in donazione una corte feudale che comprendeva Torrevilla, Dagò, Oriano, Prebone, Torricella, Barzanò, S. Feriolo, Verdegò.
Il conte Rothfurt avrebbe quindi eretto un castello in Barzanò, capoluogo del feudo, e una chiesuola dedicata a S. Salvatore col ridurre a chiesa cristiana un preesistente delubro pagano. Vi sarebbe stato pure annesso un battistero, secondo il Mantovani, per cui S. Salvatore divenne la chiesa matrice o plebana della corte di Barzanò (1).
Ma nessuno storico, nessun documento, ch'io sappia, accenna a tali avvenimenti. Non solo rimangono quanto mai incerti, ma contengono il sapore di una favolosa diceria, che farebbe il paio con quella ricordata nella Cronaca di Daniele del secolo XIV, e cioè che Gregorio I, pontefice dal 590 al 604, avrebbe concesso al conte Aliono di Angera, figlio di re Milio, alcune corti situate nel Comitato di Milano, tra cui quella di Barzanò (2).
Il Porter, considerando la grossolana tecnica costruttiva della chiesa, ritenne egli pure il sacro edificio di S. Salvatore una probabile costruzione bizantina dello stile architettonico in uso durante il dominio dei primi re longobardi, assegnandolo al 590 circa (3).
E' un motivo ben poco persuasivo per la ragione che il costruire grossolanamente nelle campagne da maestranze locali, lontane dalle correnti d'arte, fu in uso non solo durante il dominio dei Longobardi, ma continuò successivamente per molto tempo.
Anche il Palestra propenderebbe ad assegnarlo al tempo dei Longobardi
per via del loro santoriale, del quale avrebbe fatto parte il titolo di S. Salvatore (4).
Che i Longobardi, scesi in Italia nel 568, ed il cui dominio durò fino al 774, abbiano avuto nel loro culto delle preferenze santoriali, non vuol dire per questo che le antiche chiese che troviamo dedicate ai loro santi preferenziati siano tutte di origine longobarda, poiché tali santi erano conosciuti e venerati dalle preesistenti popolazioni cristiane indigene, e a questi santi erette chiese anche prima, durante, e dopo la caduta del regno longobardo. Per averne quindi la certezza bisognerebbe poter documentare caso per caso.
Questa prima ipotesi si basa sul favoloso, ed è perciò la meno verosimile, pur non escludendo che possa forse esprimere qualcosa di certo che a noi sfugge.

* * *

Una seconda ipotesi farebbe risalire il complesso edilizio (castello e chiesa col battistero) verso il Mille. Il Dozio, documentando l'atto di donazione della corte di Barzanò nel 1015 al vescovo di Como, scrisse: "Pare che questa corte (di Barzanò) fosse un vasto e ricco tenimento, ma del resto s'ignora fino a quando i vescovi di Como l'abbiano posseduta, dopo questa donazione di Enrico.
E' anzi a dolere che non ci siano pervenuti vecchi ricordi di questo villaggio, insigne per l'antica chiesa del Salvatore e pel suo battistero che possono credersi opere eseguite attorno al Mille, per l'antica chiesa S. Vito, pel distrutto castello feudale di cui resta un avanzo di torre, ed infine per la chiesa già dedicata a S. Feriolo, verosimilmente da una famiglia franco-borgognona" (5).
Press'a poco su questa linea si pose anche il Cappellini col dire che "nel 905 abbiamo notizia che Barzanò era sede del castello del conte Sigifredo", e più avanti soggiunse per la chiesa: "non vogliamo far risalire la costruzione al secolo VI, ma certamente prima del Mille, lasciandone imprecisata la data" (6).
Il Dozio a sostegno del suo credere ci ha lasciato, fra le sue schede riguardanti la pieve di Missaglia, l'infrascritto elenco dei signori feudali di Barzanò nel secolo X:
"903 - Sigifredo conte di Milano, signore di Barzanò.
930 - Ugo (od altro nome) conte (della Martesana?), signore di Barzanò.
960 - Sigifredo II conte (della Martesana?), signore di Barzanò.
1015 - Ugo conte (di?) e Berengario prete, figli di Sigifredo, privati del feudo dall'imperatore Enrico.
901-904 - Sigifredo compare conte del sacro palazzo sotto Lodovico, poi sotto Berengario (vedi i diplomi pubblicati dal Lupi, 901-903).
999 - In una carta di quest'anno, pubblicata dallo Zaccaria in Memorie del monastero di Arona, sono ricordati gli eredi di un conte Sigifredo che aveva notevoli possessi nei territori di Cadrezzate in pieve di Angera, e di Caiello in pieve di Gallarate" (7).
E' una distinta sulla quale solo in parte si può fare sicuro assegnamento.
Nessuno dei sopra elencati personaggi si trova, nelle poche carte del tempo, dichiarato col titolo di conte della Martesana, e nemmeno sappiamo quali rapporti di parentela corressero fra i due soprannominati Sigifredi.
Inoltre, signore di Barzanò risulta soltanto, nella seconda metà inoltrata del secolo X, un conte Sigifredo e successivamente i suoi due figli. Dovevano essere, a quanto pare, dei ricchi e potenti conti rurali. Possedevano altri beni nel Varesotto e altrove (8). Barzanò godeva del vantaggio di essere non molto lontano da Milano, dove cercavano di spadroneggiare.
Che siano stati anche i fondatori del castello e della chiesa di S. Salvatore non è esplicitamente testimoniato da documento alcuno. Nel diploma stesso col quale l'imperatore di Germania Enrico II donava il 4 ottobre 1015 al vescovo di Como la corte di Barzanò, tolta ai ribelli Ugo e Berengario, nella distinta generica dei terreni e delle case, non vi è cenno né dell'uno né dell'altra.
Nondimeno, tutto considerato, è molto probabile che Barzanò, centro allora di un'ampia corte feudale, abbia avuto un suo forte castello nella seconda metà del secolo X, date le burrascose vicende politiche e sociali di quegli anni, il sistema feudale vigente, e lo spavento delle feroci scorrerie degli Ungheri che spingevano le popolazioni a fortificarsi, e a supplicare nelle pubbliche preghiere: A rabie Ungherorum libera nos Domine (9).
E doveva trattarsi non di un castelluccio qualunque, ma di un castello degno di un ricco e potente signore com'era il conte Sigifredo. Occupava infatti, secondo gli assaggi fatti dal Mantovani, tutta la cima della piccola altura che corre dal giardino della villa Mantovani (ora Pedroni) alla già chiesuola dei Barnabiti (ora villa Vismara). Ad oriente stava il sacro edificio di S. Salvatore, a settentrione e a ponente i fabbricati del castello propriamente detto.
L'area castellana era tutta circondata da grosse mura dello spessore di braccia due e mezzo di durissimo impasto, intersecate da torri, con larghi e profondi fossati (10).
Il Bedoni ha specificato che "il castello era fiancheggiato da 15
robuste torri e da formidabili spalti: mandava le sue propagini con le opere
di difesa avanzata nella pianura fiancheggiante, in modo da includere i
contadini vassalli, i loro armenti, le loro messi" (11).
E' inoltre noto che i castelli signorili di quel tempo non erano, per lo più, senza una chiesuola per il servizio religioso dei signori o loro luogotenenti, e tanto più quello di Barzanò se si tien calcolo che Berengario, figlio di Sigifredo, era prete. La chiesetta era appunto quella di S. Salvatore. Della presenza allora in essa di un particolare fonte battesimale, o situato lì vicino, non abbiamo nessuna traccia o memoria. Sarà posto più tardi, come si dirà più avanti.
Questa seconda ipotesi ha, a mio avviso, molta probabilità di corrispondere al vero, trovando sostegno, sia pure indirettamente, negli avvenimenti ed in alcuni sicuri documenti di quel secolo.

* * *

Una terza ipotesi ha ultimamente presentato l'architetto Reggiori. Abbandonando quelle precedenti, pensò di risolvere diversamente il problema della chiesa di S. Salvatore.
Egli ritenne che la campata di mezzo della chiesa, distinta con una volta a cupola, e la seguente col suo caratteristico portale, non sarebbero che
aggiunte fatte nel 1231, appoggiandosi ad una iscrizione, tuttora esistente ma quasi illeggibile, sul portale stesso. E poiché i pochi manufatti rimasti dell'edificio originale (l'absidiola e la piccola cripta) e quelli del 1231 sono pressoché identici, ne dedusse che tra le due costruzioni non potevano essere intercorsi molti anni. Perciò la chiesuola primitiva doveva rimontare con quasi certezza all'ultimo quarto del secolo XII, ossia ad Algiso Pirovano, arcivescovo di Milano dal 1176 al 1185, come da altra iscrizione scomparsa (12).
E' una congettura attraente, accuratamente svolta dal suo punto di vista, ma che pur essa lascia alquanto perplessi.
Ed invero, che il manufatto aggiunto posteriormente sia quasi simile al precedente, lo si può anche spiegare come si è già osservato, col fatto che, trattandosi di una tecnica muraria grossolana, elementare, di uso comune fra le maestranze locali, poteva ben durare molto a lungo nelle campagne lontane dalle correnti d'arte.
Architettonicamente S. Salvatore nulla ha di straordinario. E' a forma rettangolare, ed esteriormente si presenta a forma di capanna.
Il sacro edificio non poteva poi essere stato ampliato nel 1231, bensì prima dello smantellamento del castello, avvenuto nel 1222 se il Fiamma dice il vero, in quanto, come ha constatato il Mantovani, "il suolo che attualmente circonda ha chiesa dal lato di settentrione e ponente fu notevolmente alzato in causa del diroccamento del castello avvenuto dappoi " (13). Non si può seminterrare ciò che ancora non esiste. A meno che si voglia accettare la data del 1274, per la distruzione de1 castello, suggerita dal Cantù, ma non meno incerta.
Riguardo alle iscrizioni, quella del 1231 non è altro che una semplice datazione (14), la quale può ben riferirsi al solo portale, opera di un ignoto Serin Pietro, senza voler escludere che, data l'occasione, possano essere state compiute altre riparazioni alla chiesa; sistemazioni probabilmente fatte eseguire dai canonici della eretta collegiata (15).
L'altra, ossia quella conservataci dal Bombognini, pur non negando che possa contenere qualcosa di vero, non è sincrona, ma di molto posteriore, e per di più malsicura: tra l'altro Galdino, nato a Milano, non apparteneva alla famiglia Pirovano, ma a quella dei Sala. E' un'iscrizione che non dà affidamento.
Da ultimo i frammenti degli affreschi più antichi, scoperti sul tratto di muratura originaria rimastaci di S. Salvatore, e che il Reggiori, per certe rassomiglianze con quelli di S. Pietro a Civate, assegnerebbe alla fine del secolo XII, si dovrebbero invece attribuire, se veramente rassomiglianti, alla fine del secolo XI o ai primi anni del seguente secondo il Salvini, e perciò assai prima del tempo in cui visse Galdino o Algiso (16). Il secondo sovrapposto strato di affreschi sarebbe del secolo XIV fatto eseguire dai canonici negli anni del loro maggiore sviluppo.
In fatto di pittura, il padre Leonetto Clavono, nella sua visita del 1567, non tralasciava di notare che la chiesa era dipinta per due parti su tre; e dagli atti di visita del card. Federico Borromeo del 1611 si ha che la volta dell'abside recava affreschi raffiguranti la nascita del Salvatore.

* * *

Prima di por fine a queste brevi note ritengo non inutile dire una parola della tuttora esistente vasca battesimale.
Come si è detto, il Mantovani, in base alla leggenda del conte Rothfurt, ha fatto risalire castello e chiesa col relativo battistero a poco oltre la seconda metà del secolo VIII, in periodo di dominazione longobarda, fantasticando inoltre di una pieve di Barzanò (17).
Il Dozio, suo contemporaneo, pensò invece di porre il tutto "attorno al Mille" (18).
Il Cappellini, a sua volta, oscillando tra i due, asserì che "poiché Barzanò fin dal Mille fu sede di una chiesa pievana con fonte battesimale, si pensa sia stato capoluogo di un pagus"; e del battistero costruito presso S. Salvatore volle ravvisare le macerie ancora ivi esistenti, a suo dire, al tempo di S. Carlo, interpretando erroneamente, certo per una svista, un decreto del santo arcivescovo (19).
Qualcun altro ha creduto di cavarsela col dire semplicemente che l'antico battistero sarebbe stato atterrato per far posto all'ingrandimento della chiesa, la cui vasca battesimale fu quindi collocata nella chiesa stessa.
Se non che, mentre da una parte sta il fatto che circa l'esistenza di un battistero presso S. Salvatore nei secoli precedenti il suo ampliamento, si naviga in piena oscurità; dall'altra è assolutamente certo, come ha constatato il Reggiori coi suoi assaggi murari, che la chiesetta originaria venne di poi resa tanto ampia da risultare quasi una nuova costruzione. Il che doveva necessariamente avere uno scopo, e questo non poteva essere che quello di collocarvi un fonte battesimale nella campata di mezzo sotto una volta a cupola appositamente costruita in quella circostanza, ed inoltre di sistemarvi una particolare canonica collegiata, distinta da quella di Missaglia. Come infatti avvenne (20).
Il fonte battesimale, evidentemente, doveva servire per Barzanò e sue dipendenze. La chiesa di S. Vito non era ancora assurta a rettorìa o a parrocchia: lo sarà più tardi, come per tutti i villaggi delle pievi (21). In tal modo Barzanò veniva ad assumere, nella cura d'anime, una certa qual indipendenza dalla plebana, quasi fosse di diretta dipendenza vescovile.
Quando poi avvenne il sopradetto ingrandimento e chi l'abbia fatto eseguire la storia non dice.
Si è pensato alla famiglia Pirovano, all'arcivescovo Algiso. I tempi e le circostanze lo renderebbero verosimile: tuttavia di veramente certo niente si può affermare. Se si potesse chiarire fino a quale anno i vescovi di Como conservarono la corte di Barzanò, a quali opere si sobbarcarono a vantaggio della corte, e a chi l'alienarono, si avrebbe forse il modo di elaborare qualche congettura che ci avvicinerebbe al vero, alla certezza (22).
Comunque sia, trattandosi di una speciale concessione a chiesa privata di poter battezzare, diritto che allora spettava alla plebana di Missaglia, il pensiero corre ad un personaggio di alto potere ecclesiastico, e cioè, se non proprio a Galdino, ad Algisio Pirovano (23), appoggiandosi alla malsicura epigrafe del Bombognini col voler concederle un certo qual fondo di verità, interpretando il construxit nel senso di una quasi nuova ricostruzione, come fu in realtà, se si eccettua l'absidiola e la piccola sottostante cripta.
L'aver poi dato al fonte battesimale, nella sua collocazione, una particolare preminenza, fece sospettare al Porter ed al Reggiori una probabile basilica lì vicino, alla quale doveva fare da battistero S. Salvatore.
E' un sospetto che non regge. Oltre che essere tutti all'oscuro di quella ipotetica basilica (quando poi scomparsa?), sarebbe in contrasto col fatto di trovare S. Salvatore sempre chiesa sino dalle origini, e non battistero. E che fosse veramente chiesa ce lo conferma la presenza della torre campanaria sulla sua sinistra.
Un caso, pressoché simile al nostro, di chiesa avente nel mezzo l'antico fonte battesimale, l'abbiamo in Santa Maria del Tiglio a Gravedona sul Lago di Como.
Per qual motivo, si potrebbe domandare, non venne costruito un vero e proprio battistero ottagonale lì presso, alquanto distaccato da S. Salvatore?... Forse per riservare un maggior spazio, data la pendenza collinare del terreno, all'ingrandimento della chiesa, alla costruzione delle abitazioni canonicali, e ad altre necessità ?... Potrebbe darsi.
Alla vasca battesimale furono aggiunte, non sappiamo quando ma, a quanto pare, posteriormente, otto colonnine con le rispettive unghie di attacco, che per sé potrebbero assegnarsi tanto all'ultimo quarto del secolo XII quanto al seguente, le quali sostenevano una copertura del fonte (forse una specie di baldacchino?) (24).
Allorché si ampliò alquanto sul davanti il piccolo originario presbiterio, onde procurare un maggior spazio ai canonici per le loro funzioni canonicali, il fonte dovette essere trasportato più innanzi, e alla cripta venne ad aggiungersi un altro piccolo vano (25).
La vasca battesimale ebbe la fortuna di rimanere quindi poi sempre al suo posto, e così di giungere sino a noi. E' ottagonale, formata di otto lastre levigate di marmo rosso-scuro di Verona con venature in bianco e giallo, sopraelevata su un gradino di serizzo sporgente in forma circolare, e con due gradini all'interno, utili ai battezzandi che dovevano scendere nell'acqua e risalire, poiché allora, tranne in casi di necessità, si amministrava ancora comunitariamente il battesimo per immersione a persone, per lo meno già grandicelle, in date solennità (Pasqua e Pentecoste).

* * *
Dal qui detto, mi pare che si possa in definitiva prospettare come verosimile, sia pure con le sue ombre data la mancanza di documenti chiarificatori: 1) che il castello e S. Salvatore rimontino al conte Sigifredo signore della corte di Barzanò nella seconda metà del secolo X, o quanto meno ai suoi due figli nel primo decennio circa del secolo seguente; 2) che, per ulteriori oscure vicende, passato probabilmente il possesso alla nobile famiglia Pirovano, si debba forse l'ingrandimento o ricostruzione di S. Salvatore, se non a Galdino, all'arcivescovo Algiso Pirovano nei primi anni dell'ultimo quarto del secolo XII, con l'intento di collocarvi un fonte battesimale e di far posto ad una canonica collegiata (26); 3) che nel 1222, con altri castelli signorili della Martesana, sia stato diroccato anche quello di Barzanò; e che nel 1231 S. Salvatore sia stato abbellito di un interessante portale, probabilmente in correlazione ad altri lavori di restauro alla chiesa, opere che il Barelli attribuirebbe ai canonici già ivi residenti.

* * *

Nel susseguirsi dei secoli S. Salvatore andò soggetto ad altri ritocchi,
non sempre vantaggiosi al sacro edificio, in conseguenza delle visite pastorali e particolarmente di quelle di S. Carlo e di Federico Borromeo (come ad esempio l'apertura di nuove finestre rettangolari e chiusura delle romaniche; un ossario collocato verso settentrione a ridosso del presbiterio, di poi sgombrato e trasformato in una più comoda sagrestia; imbiancamenti interni alle pareti; abbassamento del sagrato; ecc.), dei quali parlano gli studiosi di questo interessante manufatto del passato, da conservare con cura, chiunque ne sia il proprietario.
RINALDO BERETTA

[Il presente saggio apparso in Oblatio. Raccolta di studi di antichità ed arte in onore di Aristide Calderini, Como 1971, pp. 137-152, riprende quello pubblicato in Memorie Storiche della Diocesi di Milano, Milano 1966, vol.XIII, pp. 377-386.]